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giovedì 18 marzo 2010

Assia Wevill

 
Assia Wevill viene menzionata nelle biografie di Sylvia Plath, come la donna per la quale Ted Hughes abbandonò la poetessa americana ed è spesso considerata la causa principale del suo suicidio. Nonostante Assia Wevill abbia vissuto accanto a Hughes per sei anni (lo stesso periodo di tempo che il poeta inglese trascorse con Sylvia Plath), e nonostante gli avesse dato una figlia, è praticamente assente dalle biografie di Ted Hughes e non venne nominata nelle interviste che il poeta diede durante la sua vita. La sua presenza fu cancellata dalla sua storia personale.

Assia nacque nel maggio del 1927 a Berlino, da una famiglia di origine tedesca, russa ed ebrea. Trascorse la sua gioventù a Tel Aviv e in Canada. Sposata al poeta canadese David Wevill, la coppia si trasferì a Londra dove Assia lavorò per un’industria pubblicitaria. Nel 1961, la casualità volle che Assia e David affittassero l’appartamento degli Hughes in Chalcot Road, mentre Sylvia e Ted si trasferivano nella casa appena acquistata nel Devon.

Furono invitati dagli Hughes a passare un fine settimana in campagna e, poco dopo, iniziò la relazione tra Assia e Ted. Scoperto l’adulterio, Sylvia cacciò il marito di casa. Al momento del suicidio della Plath, Assia era incinta di Ted, ma abortì.
Poco dopo, Ted e Assia si trasferirono insieme ai figli di lui a Court Green, la casa nel Devon acquistata per Sylvia. Assia era perseguitata dal ricordo della rivale.
Leggeva con ossessione i suoi scritti e cominciò addirittura ad usare cose che erano appartenute alla poetessa. Il 3 marzo 1965, diede alla luce Alexandra Tatiana Eloise, soprannominata “Shura”. Ma, nonostante questo, non fu mai accettata dai genitori di Ted che iniziarono una campagna di ostilità nei suoi confronti. La situazione domestica a Court Green col tempo divenne insostenibile. Assia fu spinta da Hughes a tornare a Londra con la figlia. Qui visse il resto della sua vita insieme a Shura, figlia che Ted riconobbe ma che non trattò mai allo stesso livello dei due bambini avuti dalla Plath. A Londra, Assia vedeva Ted solo sporadicamente, vivendo in uno stato costante di ansia e tormentata dal terrore di essere abbandonata. Si trovò isolata, dovendo anche affrontare serie difficoltà economiche. Negli anni scivolò sempre più profondamente nella depressione. Spesso menzionava agli amici il suicidio come unica alternativa alla solitudine e alle difficoltà che vedeva costellare il suo futuro e quello di Shura.
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lettera al padre
“mio carissimo Vatinka…
la prospettiva di ciò che mi attende è talmente cupa, che il vivere il resto della mia vita significherebbe più dolore di quello che potrei mai sopportare. È una vita di solitudine e di dipendenza. Dipendenza da una ragazza alla pari per le cure di Shura e dai miei datori di lavoro, un’agenzia pubblicitaria di terza categoria pronta a licenziarmi in caso di malattia. Nessun marito. Nessun padre per Shura.
Ho spesso contemplato il suicidio, ma nel passato, la pena che questo ti avrebbe arrecato, e il crimine che avrei commesso nei confronti di Shura, mi hanno fatta desistere all’ultimo momento. Ho sognato di vivere con Ted e questo sogno è finito. I motivi ora non hanno più valore. Non ci potrebbe mai essere un altro uomo. Mai.
Ti assicuro, carissimo Vatinka… non avresti potuto augurarmi altri trent’anni di questa vita, non credi?…. Grazie per tutto l’amore che mi hai sempre dimostrato. Ti ho amato tantissimo, non disperarti per me. Credimi, ho fatto la cosa più giusta… La vita sarebbe stata infinitamente, infinitamente peggiore. Ho vissuto abbastanza a lungo. È necessario capire quando non c’è più motivo per continuare… Ti prego, non pensare che la mia sia pazzia, che abbia fatto questo in un momento di pura follia. I conti sono semplici e tornano. E non avrei potuto abbandonare Shura lasciandola da sola. È troppo grande per essere adottata.
Arrivederci, Lonya, padre mio, mio protettore. Mi manchi moltissimo.

Arrivederci amatissimo papà.”
    
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Il 23 marzo 1969, Assia Wevill si uccideva insieme alla figlia di quattro anni, in un modo che ricorda molto da vicino il suicidio di Sylvia Plath. Dopo aver trascinato un materasso in cucina, sigillò porta e finestra, depose sul materasso la sua bambina addormentata, aprì il rubinetto del gas nel forno e si stese accanto a lei ad aspettare la morte. Il suo suicidio fu ignorato dalla stampa inglese, che mise a tacere ogni connessione fra la sua vita e quella dell’ormai celebre poeta.
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E poi ancora…
 Si poteva credere che tutto fosse già stato scritto sulla vita di Sylvia Plath e di Ted Hughes. Ma una recente biografia, uscita in Gran Bretagna alla fine del 2006, fa luce su un lato oscuro dell’infelice matrimonio della Plath con il poeta inglese. Il libro, intitolato ‘A Lover of Unreason’, che traduce: ‘Un’amante Irragionevole”, è stato scritto da due giornalisti israeliani, Yehuda Koren ed Eilat Negev, e narra la tragica vita di Assia Wevill Gutman. Assia viene menzionata nelle biografie di Sylvia Plath come la donna che causò la rottura del suo matrimonio ed è spesso accusata di essere stata la causa principale del suicidio della poetessa americana.
Dopo la morte della Plath, Assia visse accanto a Ted Hughes per sei anni, lo stesso periodo di tempo che il poeta inglese trascorse con Sylvia ma, nonostante questo, e nonostante il fatto che gli avesse dato una figlia, Assia è praticamente assente dalle biografie di Ted Hughes. Nei rari casi in cui il poeta acconsentì a dare notizie sulla sua vita privata, Assia e la figlia da lei avuta non vennero mai menzionate. Hughes dichiarò che dopo il suicidio della Plath, fino al suo matrimonio con Carol Orchard nel 1970, crebbe i suoi figli da solo, che cercava una figura femminile che sostituisse la loro madre ma in tutti quegli anni, sottolineava: ‘non incontrai la donna giusta’. Unici riferimenti ad Assia sono una plaquette di versi a lei dedicata: ‘Capriccios’, uscita con una tiratura molto bassa ed ora irreperibile, insieme alla dedica ad Assia e Shura che apre la raccolta di poesie ‘Crows’. A parte queste eccezioni, Assia non venne mai nominata dal poeta. La sua presenza fu praticamente cancellata dalla sua storia personale.
Assia Gutman nacque nel maggio del 1927 a Berlino da una famiglia di origine tedesca, russa ed ebrea. Trascorse la sua gioventù a Tel Aviv e in Canada. Sposata in terze nozze al poeta canadese David Wevill, la coppia si trasferì a Londra dove Assia lavorò per un’agenzia pubblicitaria. Nel 1961, la casualità volle che Assia e David Wevill affittassero l’appartamento degli Hughes in Chalcot Road, mentre Sylvia e Ted si trasferivano nella loro casa di campagna appena acquistata nel Devon. Alcuni mesi dopo il trasloco, la coppia fu invitata dagli Hughes a passare un fine settimana nel Devon. Poco dopo iniziò la relazione tra Assia e Ted. Scoperto l’adulterio, Sylvia cacciò il marito di casa. Al momento del suicidio della Plath, Assia era incinta di Ted, ma abortì poco dopo.
Accenni ad Assia Wevill sono facilmente riscontrabili nelle poesie che Sylvia Plath scrisse nel periodo che seguì la separazione.
 In ‘Parole sentite, per caso, al telefono’, si ripercorre in uno sfogo quasi diaristico la fatidica telefonata di Assia alla casa degli Hughes che provocò la rottura definitiva del matrimonio della Plath:
“… che cosa sono queste parole, queste parole?
Cadono con un plop fangoso.
Oh dio, come farò a pulire il tavolino del telefono?….
….Ora la stanza sibila. Lo strumento
ritira il suo tentacolo.
Ma la poltiglia che ha deposto cola nel mio cuore. È fertile.
Imbuto di sozzura, imbuto di sozzura – ….”

In inglese il verbo ‘sibilare’ è ‘ahiss’, un anagramma quasi perfetto di ‘Assia’. Riferimenti alla rivale sono presenti in altri testi. In ‘I paurosi’, ad esempio, la Plath ritorna alla telefonata nella quale la rivale aveva inutilmente tentato di mascherare la propria identità facendosi passare per un uomo: “Questa donna al telefono / dice di essere un uomo… .” La Plath fa inoltre diversi riferimenti al fatto che la rivale non avesse figli: “l’idea di un bambino –/ ladro di cellule, ladro di bellezza – / per lei è meglio esser morta che grassa…”
Dopo la morte della Plath, Hughes e Assia si trasferirono insieme ai figli di lui nell’appartamento londinese di Sylvia, per poi traslocare a Court Green, la casa nel Devon. Assia era perseguitata dal ricordo della rivale. Leggeva ossessivamente i suoi scritti e usava oggetti che erano appartenuti alla poetessa. In una nota diaristica scrisse: Sylvia mi sta crescendo dentro, enorme, magnifica. E io mi sto seccando, rimpicciolendo. Entrambi [Sylvia e Ted] mi finiscono a morsi. Si nutrono di me”. Dubitava dell’amore di Ted ed era terrorizzata dall’idea che lui la relegasse per sempre nel ruolo di amante senza mai giungere a sposarla – paura che in effetti finì col materializzarsi. Assia scrisse in una nota quelle che riteneva essere le priorità di Hughes:
“Prima di tutto il resto c’è Sylvia, e dopo di lei, il Grande Schema, il Genio, i suoi bambini, e l’immobilità del sole, i milioni di falchi e pesci, e l’ombra della notte che io non posso vedere, né sentire…”
Assia era una donna di grande cultura e aveva ambizioni letterarie. Il paragone con Sylvia era inevitabile e lei non poteva che uscirne sconfitta. Paragonandosi alla rivale rifletteva:
“…con l’enorme differenza che lei aveva un milione di volte più talento, mille volte la mia forza di volontà, cento volte l’avidità e la passione che mi contraddistinguono. Non avrei mai dovuto guardare nel vaso di Pandora […] Che razza di donna sono? Quanto tempo mi è stato concesso? Quanto tempo prima che sia tutto finito? […] Sono abbastanza per lui? SONO ABBASTANZA PER LUI?”
Il 3 marzo 1965, Assia dava alla luce Alexandra Tatiana Eloise, soprannominata “Shura”. Ma nemmeno la nascita della bambina, figlia che Ted riconobbe, riuscì ad attenuare il suo profondo senso di insicurezza. Assia continuò a vivere ossessionata dall’ombra di Sylvia. Dormiva nel suo letto e usava le sue lenzuola. Era come ipnotizzata dall’immagine della rivale, e con amara ironia annotava nel diario: “finirò per scrivere una biografia della Plath…”
Si sentì da subito rifiutata dalla piccola comunità rurale del Devon, da molti degli amici di Ted e, sopratutto, dai genitori di lui. Quando il padre e la madre di Hughes si trasferirono a Court Green, iniziarono una campagna di ostilità e silenzio nei confronti di Assia. Il padre di Ted non nascondeva certo la sua antipatia. Non le rivolse mai la parola e si rifiutava di sedere al suo stesso tavolo per consumare i pasti.
Ignorata dai genitori di Ted, Assia passava la giornata curando Shura e i due figli di Hughes. Cercò di assumere il ruolo di madre nei confronti di Frida e di Nicholas:
“Ho sbaciucchiato il collo di Nick ancora e ancora. Mi fa impazzire il modo in cui questo lo fa ridere” – scriveva. Trovava i bambini di Ted teneri e affettuosi e si calò nel suo nuovo ruolo di casalinga e madre: “È fantastico – annotava – come dei bambini, nemmeno miei, abbiano circondato la mia vita. Questi bambini mi piacciono, mi piacciono molto.”
Ma la sua non era certo una vita idilliaca. Si sentiva fisicamente provata, profondamente amareggiata dalla crudele guerra fredda con i genitori di Ted. Ma, soprattutto, viveva in un costante stato di ansia, mai sicura dei sentimenti di lui. Scrisse ad un’amica:
“Ted è esausto per la guerra tra i suoi genitori e me, e sembra che di tutte le persone coinvolte, io sia quella di cui può fare più facilmente a meno.”
Le sue parole si rivelarono profetiche: combattuto fra l’astio dei genitori e la nuova compagna, sfinito dalle cure alla madre sofferente, e in cerca di tranquillità per esprimere la propria vena creativa, Hughes decise che sarebbe stato meglio per tutti se Assia e Shura si fossero allontanate. Nel giro di tre giorni, Assia si ritrovò di nuovo a Londra senza né casa né lavoro, a dover ricominciare tutto da capo con una bambina ancora molto piccola. Il solo denaro che le veniva dato da Ted era sotto forma di prestito, annotato con cura e con tanto di scadenze per la restituzione.
A Londra Assia condusse una vita isolata insieme a Shura, la figlia che Ted Hughes non considerò mai allo stesso livello dei due bambini avuti dalla Plath. Assia vedeva Ted sporadicamente. Dipendeva totalmente da lui, dalle sue telefonate, dai suoi umori e dalle sue visite. Era molto depressa, tormentata dal terrore di essere abbandonata. Si trovò ad affrontare difficoltà economiche e, negli anni, scivolò sempre più profondamente nella depressione. Spesso diceva agli amici che il suicidio era l’unica alternativa alla mille difficoltà che costellavano il suo futuro e quello di sua figlia. Fluttuava fra momenti di disperazione in cui decideva di porre fine alla relazione, e momenti di speranza, in cui implorava Ted di riprovare a vivere insieme come una famiglia. Hughes non voleva separarsi, ma sembrava resistere all’idea di tornare a vivere con lei. Il suo atteggiamento fu sempre vacillante. Rimandava in continuazione, prendeva tempo, trovava scuse nuove per rinviare il momento in cui avrebbero vissuto di nuovo insieme. Iniziò anche a frequentare altre donne. Nel febbraio del 1968 Assia gli scriveva:
“Mio amatissimo, dolce Ted,
… abbiamo permesso a così tanta sporcizia di intromettersi fra noi due. Cose così irrilevanti, che ora mi sembrano irrilevanti. È un miracolo che in qualche modo siamo riusciti a sopravvivere…”

E un anno dopo:
Ti scrivo dall’esofago, dalla mia gola e dalla mia enorme, sempre aperta ferita. Scrivo alle tue mani grandi, alla pura bellezza all’interno dei tuoi polsi, ai tuoi occhi dei momenti felici. Non ti scrivo dal cervello, ma da sotto il mio esofago.
Voglio sapere se vuoi riparare le cose fra noi perché mi ami ancora, perché senti ancora quella forza primitiva che ci unisce…. o se mi vuoi solo come istitutrice per aiutarti a crescere i tuoi figli. Ho ancora la forte speranza che ci si possa costruire una vita felice, piena d’amore. So di amarti ancora con la mia testa, e il mio corpo e la mia vita, mio adorato Ted. Apriti, apriti a me come facevi un tempo. E insieme a te fiorirò di nuovo, e potrò prendermi cura di te, darti tutto quello che ho…
Fino ad oggi, tutti, tranne te, hanno dettato legge sulla nostra vita. Abbiamo bisogno di stare per conto nostro… Sento così tanto amore per te, per la tua parte migliore. Ti ammiro e ho paura di te, del potere che eserciti su di me. Nessun altro uomo ha avuto tanto potere sulla donna che è in me. Contraccambia questo mio amore e, se non ne sei capace, allora dimmelo, lasciami andare con quel poco di pace che saprò salvare
.”
Per anni la loro relazione si trascinò in un limbo, in una terra di mezzo governata dall’ansia, senza che Ted Hughes si decidesse a formare con lei una famiglia, ma senza che prendesse la decisione di lasciarla. In un momento di cupa depressione, Assia scrisse un testamento in cui ignorò completamente Hughes, ma non i suoi figli:
“… a Nicholas, troppo piccolo per reclamare cose, lascio il mio amore più tenero…. a Frida Rebecca Hughes lascio tutto il mio affetto, e i miei pizzi, i nastri e le sete, insieme a una catenella d’oro”.
***
La sera del 23 marzo 1969, Assia Wevill si uccideva insieme a Shura, che aveva da poco compiuto quattro anni, in un modo che ricorda molto da vicino il suicidio di Sylvia Plath. Dopo aver trascinato un materasso in cucina, sigillò porta e finestra, depose sul materasso la sua bimba addormentata, sciolse del sonnifero in un bicchier d’acqua e, dopo averlo bevuto, aprì il rubinetto del gas del forno e si stese sul materasso con la figlia ad aspettare la morte.
Il Sergente Bryan Lutley trovò due lettere sul suo comodino: una indirizzata al padre in Canada, l’altra a Ted Hughes. Di quest’ultima, oggi rimane solo la busta vuota; il suo contenuto è misteriosamente scomparso. La lettera al padre dice:
***
mio carissimo Vatinka…
la prospettiva di ciò che mi attende è talmente cupa, che il vivere il resto della mia vita significherebbe più dolore di quello che potrei mai sopportare. È una vita di solitudine e di dipendenza. Dipendenza da una ragazza alla pari per le cure di Shura e dai miei datori di lavoro, un’agenzia pubblicitaria di terza categoria pronta a licenziarmi in caso di malattia. Nessun marito. Nessun padre per Shura.
Ho spesso contemplato il suicidio, ma nel passato, la pena che questo ti avrebbe arrecato, e il crimine che avrei commesso nei confronti di Shura, mi hanno fatta desistere all’ultimo momento. Ho sognato di vivere con Ted e questo sogno è finito. I motivi ora non hanno più valore. Non ci potrebbe mai essere un altro uomo. Mai.
Ti assicuro, carissimo Vatinka… non avresti potuto augurarmi altri trent’anni di questa vita, non credi?…. Grazie per tutto l’amore che mi hai sempre dimostrato. Ti ho amato tantissimo, non disperarti per me. Credimi, ho fatto la cosa più giusta… La vita sarebbe stata infinitamente, infinitamente peggiore. Ho vissuto abbastanza a lungo. È necessario capire quando non c’è più motivo per continuare… Ti prego, non pensare che la mia sia pazzia, che abbia fatto questo in un momento di pura follia. I conti sono semplici e tornano. E non avrei potuto abbandonare Shura lasciandola da sola. È troppo grande per essere adottata.
Arrivederci, Lonya, padre mio, mio protettore. Mi manchi moltissimo. Arrivederci amatissimo papà.”

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Il suicidio fu ignorato dalla stampa inglese, che mise a tacere ogni connessione fra la vita di Assia Wevill e quella dell’ormai celebre poeta Ted Hughes. Solo nell’ultimo libro del poeta inglese : ‘Lettere del Compleanno’, incontriamo una poesia che narra l’incontro di Hughes e Assia. Nel testo, non emerge ombra di responsabilità personale da parte di Hughes nel corso degli eventi. Per il poeta, è il destino l’unico, vero colpevole delle tragedie che dovevano seguire. Rivolgendosi a Sylvia spiega l’inizio della sua storia con Assia in questi termini:
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“Non la trovammo noi – fu lei che ci trovò.
Ci scovò a fiuto. Il Destino che portava
ci scovò
e ci riunì, ingredienti inerti
per il suo esperimento.
La Favola che portava
requisì te, me e lei,
marionette per la sua rappresentazione.”

Nel testo, Assia viene paragonata a una ‘Lilith degli aborti che toccava i tuoi figli con unghie tigrate’. E, più avanti, a ‘un mistero erotico un po’ sudicio [con] lo sguardo di un demone”.
L’intero archivio di documenti che Ted Hughes vendette alla Emory University di Atlanta poco prima di morire, fu aperto al pubblico nel 2000, dopo la scomparsa del poeta. Fra le migliaia di lettere, pile di fogli, quaderni, note, lettere e carteggi, non c’era alcuna traccia della presenza di Assia Wevill nella sua vita.    ted-e-assia.jpg  
Ted  Assia e Shura

Il libro Corw di Ted Hughes fu dedicato alla memoria di Assia e Shura. La sua poesia Folktale tratta della sua relazione con Assia:
She wanted the silent heraldry
Of the purple beach by the noble wall.
He wanted Cabala the ghetto demon
With its polythene bag full of ashes.
“Lei voleva l’araldica silenziosa
della spiaggia viola sul nobile muro.
Lui voleva Cabala, il demone del ghetto
con la sua borsa di politene piena di cenere.” 
 
So pleaded Ted Hughes, the late poet laureate of Britain, to his lover Assia Wevill, in one letter in the collection of correspondence recently acquired by the Robert W. Woodruff Library, an instruction she obviously did not follow.
The surviving correspondence begins in March 1963, continues until 1969, and “offers readers unprecedented access to Hughes' state of mind at a time of crisis in his personal and professional life,” said Stephen Enniss, director of the Manuscript, Archives, and Rare Book Library (MARBL).
The collection includes more than 60 letters from Hughes to Wevill, six from her to him, as well as a number of notes, sketches, fragmentary diary entries, and a small number of photographs of Wevill.
Wevill is remembered as the woman with whom Hughes began an affair in the summer of 1962 which led to Hughes and his wife, American poet Sylvia Plath, separating. After Plath's death in the winter of 1963, Hughes and Wevill struggled to establish a new basis for their life together. Wevill debated whether to leave her own husband, poet David Wevill, and in the years that followed she and Hughes tried a variety of living arrangements, at times living together, sometimes apart. In 1965, Wevill gave birth to a daughter, Shura.
Although Wevill often was erroneously described as Hughes' second wife, the couple never married, and in March 1969 Wevill tragically took her life and that of her young daughter in a manner that bore a resemblance to Plath's death.
The correspondence spans the period in Hughes' life when he was writing “Gaudete,” editing Plath's “Ariel” for publication, and writing the sequence of poems based on the life of a mythical crow figure. It was during this period that Wevill and Hughes also collaborated on the translation of Yehuda Amichai's “Selected Poems” (1968).
This intimate correspondence reveals Hughes' struggle to find peace in the years after Plath's death and his sometimes tortured relationship with Wevill. “You'll see that I'll fulfill all my promises eventually,” he assures her in one poignant letter. In another, written to Wevill's sister, Celia Chaikin, in the weeks after her death, Hughes confesses that their life together had been complicated by the presence of “old ghosts,” but he adds, “Assia was my true wife.”
“This correspondence, which joins Ted Hughes' own literary archive already at Emory, further strengthens the library's Hughes holdings and promises to add greatly to our understanding of one of the major poets of the 20th century,” Enniss said.— Elaine Justice 

I had a mad crush on Sylvia Plath at one time. This fascination I’m sure arose in part from the fact of her suicide: a beautiful and brilliant young woman of 30 sticks her head in an oven while her infant children sleep in an adjoining room. I tried memorizing several of her poems, e.g. Daddy and Lady Lazarus, and I’ve listened to her reciting — in what I felt was a slightly affected sophisticated tone — her own poetry.
The new tragic irony now is that one-year old, Nicholas Hughes, asleep in the next room while his mother had her head in the oven has now committed suicide himself by hanging at the age of 47. He was a successful fisheries biologist, apparently suffering from depression for many years. Read about it here.
Another curious, and tragic, irony is that Assia Wevill, the woman who motivated Sylvia’s suicide by having an affair with Sylvia’s husband, Ted Hughes, also committed suicide at the age of 30, along with her 4-year old daughter even!, by using a gas oven, similar to Sylvia.
What can one say? It runs in the families?
Here’s Ted and Sylvia on the left and Ted and Assia on the right.

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